Cecchi (Confindustria Nautica): il contesto normativo è fondamentale, sono le regole del gioco, che però vanno adeguate anche tenendo conto dei numeri che l’industria nautica esprime, della necessità di attrarre capitali e di quella di ammodernare le infrastrutture.
Il Presidente di Confindustria Nautica, Saverio Cecchi, è intervenuto oggi all’appuntamento sull’Economia del Mare “Oltre l’orizzonte: prospettive e sfide di una nuova politica industriale per il mare”, organizzato da Confindustria, rappresentando come l’industria nautica da diporto, la sua filiera produttiva e l’indotto turistico nautico siano una leva straordinaria per il rilancio competitivo del Paese, oltre che, più in generale dell’Unione Europea.
In particolare, parlando nell’ambito del panel “Costruiamo il futuro”, Cecchi ha ricordato come lo stesso titolo si leghi molto bene con i dati del settore. “A differenza di tutti gli altri settori del Cluster marittimo” – ha ricordato – “noi deteniamo il 51% del mercato mondiale della costruzione di navi da diporto e siamo leader negli accessori e nei battelli pneumatici. Dunque, il futuro della nautica mondiale è scritto dall’Italia”.
Benché secondo i dati ufficiali dell’Organizzazione Marittima Internazionale tutta la nautica mondiale impatti per il solo 0,06% del totale delle emissioni di CO2, l’industria italiana è leader anche nel progettare la loro riduzione e un futuro sostenibile: nuove forme di carena, finalizzate alla riduzione dei consumi, nuove propulsioni in linea con la riduzione di emissioni, il crescente impiego di materiali riciclati o riciclabili, l’uso di pitture biocompatibili per le carene.
“L’industria della nautica italiana fa tutto questo” – ha proseguito il Presidente di Confindustria Nautica – “perché ritiene che l’impatto statisticamente irrilevante e il tempo di impiego molto limitato di una barca da diporto non le consentano di esimersi dal dare il proprio contributo”.
Anche per questo, l’Associazione nazionale del settore ha organizzato il primo Forum mondiale per la sostenibilità delle industrie nautiche, dove le aziende si sono potute confrontare con altri settori per mutuare e condividere soluzioni e tecnologie.
Coniugando il tutto con capacità artigianali, di finitura, di design e di qualità che non hanno pari nel mondo e che fanno dell’Italia e del Salone Nautico Internazionale di Genova il riferimento, come Milano e il Salone del Mobile per l’Arredo.
“Rispetto a questi temi” – ha concluso Cecchi – “se non vogliamo fare solo propaganda, dobbiamo affermare due verità: è necessario favorire la concorrenza anche nel mondo della ricerca, non commettendo l’errore che l’Europa ha fatto per l’automotive, imponendo dall’alto una sola soluzione, la propulsione elettrica; poi, dobbiamo garantire le condizioni di contesto che consentano i tanti investimenti che sono necessari”.
Per Confindustria Nautica il tema del contesto normativo è fondamentale. Sono le regole del gioco, che però vanno adeguate tenendo anche conto dei numeri che questo settore esprime, della necessità di attrarre capitali e di quella di ammodernare le infrastrutture.
Circa queste ultime, l’Italia ha scelto di far realizzare i porti turistici ai privati, a differenza di altri Paesi e degli stessi nostri porti mercantili che invece sono frutto dell’intervento pubblico. Attenzione, dunque, a scelte ideologiche come furono quelle di Monti, che fanno fuggire gli investitori. Quindi, ad esempio, il tema delle concessioni demaniali per la portualità turistica non può essere trattato con superficialità e luoghi comuni – come troppo spesso avviene ad opera della stampa – o assimilando gli approdi turistici alle spiagge, come hanno fatto i provvedimenti del Governo Draghi.